Le cose nella letteratura - Things in literature

Spesso ci imbattiamo in romanzi in cui "le cose" possono definirsi come essenziali per lo sviluppo del racconto o addirittura come i protagonisti nel susseguirsi delle azioni. In questo contesto ho scelto non un romanzo vero e proprio bensì uno scritto nato come monologo, una via di mezzo tra una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce, pubblicato poi da Feltrinelli nel 1994: "Novecento: un monologo" di Alessandro Baricco.

Copertina della riedizione del 2013

Un piccolissimo inciso sull'autore:
Alessandro Baricco, nato a Torino il 25 gennaio 1958, è uno scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, autore televisivo, critico musicale, conduttore televisivo e conduttore radiofonico italiano, vincitore del Premio Viareggio nel 1993.

Una piccola descrizione:
Il Virginian era un piroscafo. Negli anni tra le due guerre faceva la spola tra Europa e America, con il suo carico di miliardari, di emigranti e di gente qualsiasi. Dicono che sul Virginian si esibisse ogni sera un pianista straordinario, dalla tecnica strabiliante, capace di suonare una musica mai sentita prima, meravigliosa. Dicono che la sua storia fosse pazzesca, che fosse nato su quella nave e che da lì non fosse mai sceso. Dicono che nessuno sapesse il perché.

Il trombettista Tim Tooney ci racconta la storia del suo migliore amico Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, a cui a sua volta era stata raccontata dallo stesso Novecento.
Nato e cresciuto sul piroscafo, non è mai sceso sulla terraferma: solo una volta, a 32 anni, decide di farlo, fermandosi però al terzo gradino della scaletta della nave tornando poi indietro. Novecento è un grande pianista, lui la musica ce l'ha nel sangue e quello che riesce a fare con quei 88 tasti del suo pianoforte è qualcosa di straordinario. 
La "cosa" essenziale che permette lo sviluppo del racconto è proprio il pianoforte. Tutta la vicenda si estende sulle note e sui tasti di emozioni e sensazioni che il protagonista percepisce durante tutta la sua vita, senza lo strumento musicale tutto quanto mancherebbe dell'elemento fondamentale come se "La spada nella roccia" mancasse proprio della spada, perderebbe di significato. 
Novecento vive nel suo mondo, un mondo che macroscopicamente ha la forma di un piroscafo e microscopicamente quella di un pianoforte, una sequenza di tasti che, battuta dopo battuta, gli permettono di essere se stesso, di essere ciò che ha sempre sognato. Ed è per questo che decide di non scendere dalla nave, di non scoprire quel mondo asciutto che sta al di la della scaletta, di rimanere nella sua confort zone.
La vita è immensa, difficile e spesso preferiamo rimanere al sicuro nei nostri 88 tasti piuttosto che rischiare di farci male andando alla scoperta di qualcosa che, però, potrebbe cambiarci la vita in meglio.

A favore della tesi dell'importanza della "cosa" all'interno del racconto vi è una frase, particolarmente significativa, a pagina 56 che recita così: <<Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi, che non finiscono mai e questa è la verità, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio>>.


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